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mercoledì 18 agosto 2010

violapensiero n°13



Il bambino immaginario



Fantasie, sogni, desideri: è attraverso l’immaginazione che la figura del figlio inizia a prendere forma, nella mente della madre, durante la gravidanza. Ed è questo «bambino immaginario» che ogni donna comincia ad amare, a sentire suo, nel periodo dell’attesa. E il padre? Come immagina il proprio figlio?


Sia la madre che il padre intrecciano fantasie attorno al bambino che verrà, ancora tutto da inventare: un processo molto importante per diventare genitori. Si prepara così non solo la culla, il corredo, la stanza. Ma anche uno spazio mentale, affettivo, dove accogliere l’ospite. Tuttavia sono molto diversi i modi in cui il «bambino immaginario» irrompe nella fantasia e nei sogni dei futuri genitori.


L’uomo immagina di solito un bambino reale, già nato e magari un po’ cresciuto, un trottolino con le scarpe ai piedi, pronto a seguirlo nelle sue attività. Pensa di giocare con lui, di tenerlo vicino mentre si dedica al bricolage, o a qualche altro hobby. Oppure di portarlo con sé allo stadio, in montagna, in barca, a pescare in riva ad un fiume… Prima ancora che nasca, proietta già il figlio in una realtà futura, dai contorni precisi, come i comportamenti e le azioni che lo legheranno al bambino. E’ quindi un modo già molto attivo, concreto di immaginare il figlio e la relazione con lui, basato sul «fare insieme».


La donna invece tende ad immaginare il bambino ancora come parte di se stessa, all’interno del suo corpo e della sua mente. Lo nutre di fantasie mutevoli, in gran parte inconsce, che si riallacciano alla sua stessa infanzia e ai suoi sogni di bambina, quando fantasticava un figlio per sé giocando alle bambole. E’ il bambino del sogno, «il bambino della notte», sedimentato nell’inconscio femminile che riemerge in gravidanza: e proprio per questo le fantasie sono così mutevoli e illimitate. Per la donna il bambino immaginario può essere «tutto»: biondo o bruno, con gli occhi azzurri o castani, maschio o femmina… E, se lo immagina già nato, è un bambino ancora molto piccolo, da tenere racchiuso fra le braccia, da nutrire, coprire, riscaldare, coccolare.


Questa diversità nell’immaginare il futuro bambino rispecchia già in gravidanza un diverso atteggiamento, maschile e femminile, paterno e materno, verso il figlio. Da un lato la madre si accinge a proteggerlo, nutrirlo affettivamente e fisicamente. Dall’altro il padre si prepara invece ad incrementare la sua autonomia, la sua voglia di crescere.”

Silvia Vegetti Finzi e Anna Maria Battistin, A piccoli passi

La psicologia dei bambini dall’attesa ai cinque anni



Oh si, mentre attorno a noi amici e parenti si stanno godendo le ultime briciole di vacanze e di estate, io e mio marito ci stiamo godendo gli ultimi sgoccioli del nostro “bambino immaginario”, che è un po’ come un autobus verso la fine della corsa, sempre più sgombro ma vissuto. E' un epilogo per tutti: il nostro un po’ meno viaggiante di chi c’è attorno, anzi proprio ancorato all’attesa della rottura delle acque e alla vicinanza dell’ospedale. Eppure con la fantasia abbiamo a dir poco vagato.

E’ sempre disarmante ritrovarsi descritti al millimetro in un testo; ci si sente piccoli e prevedibili, ma anche in compagnia. A piccoli passi è un libro che consiglio e che ti fa provare più volte questa sensazione. Non è proprio breve, ma è agile e ben scritto. In formula di intervista attraversa, proprio come i piccoli passi del bambino, i più svariati argomenti destrutturandoli da vari punti di vista. La psicologa e scrittrice Vegetti Finzi è equilibrata e ha la capacità di raccontare cose complesse con parole semplici. Un’arte.



Mio marito riesce ad immaginare Viola anche fisicamente. Io che ce l’ho in pancia da 9 mesi non riesco a vederla. Quantomeno sembra un po’assurdo. Nella madre vige il primato del sentire; la fisicità ospitata così a lungo dentro di sé determina un’immaginazione molto più emotiva, legata proprio al prendersi cura, una dinamica che per rappresentarsi nel nostro immaginario non ha bisogno di un volto. Le ultime ecografie (fatte più per zelo dei medici, che per reale necessità) le ho vissute con trepidazione al minimo storico, vedere Viola era secondario e poco emozionante. Il vero spettacolo era sentirla dalla mattina alla sera gongolarsi nella sua piscina.

Il papà è proiettato verso il bambino adulto; la mamma verso il neonato indifeso che cercherà subito il suo petto. E con la speranza sempre inquieta di essere all’altezza della situazione. La madre è più primitiva e animalesca e parlare di modelli educativi, nei limiti del possibile e senza rigidità, prima della nascita è quasi più semplice per il padre che non per la madre. E se guardo come entrambi ci relazioniamo con i figli di amici, rivedo questa dualità sia nei dialoghi sia negli atteggiamenti che mettiamo in campo.

Lo stare insieme, accompagnarsi e scambiarsi in coppia anche queste fantasie diventa l’occasione per intrecciare ancora una volta il maschile e il femminile. Ho bisogno di capire cosa immagina mio marito, di conoscerlo in questo nuovo percorso e di sfrondare lo straniero che alberga in una primissima gravidanza. Mi spaventa che ognuno diventi genitore per conto suo e Viola allo sbarco si ritrovi due isole sconnesse tra loro. Ancor più ho bisogno di cibarmi della concretezza con cui Mauro illustra la fiaba della nostra bambina. E sento che lui ha bisogno delle immagini simboliche con cui sto arrivando passo passo al “download” di Viola. Così qualcuno simpaticamente via mail mi definiva il parto.

Ce ne sono di cose da confidarsi in coppia durante una gravidanza. Al contempo, a parere mio, ce ne sono anche da fare, concretamente forse anche più dell’organizzare un matrimonio. Quelle del matrimonio le sai fare, queste sono tutte nuove… Ecco su poche altre cose mi sento di dare consigli, ma su questo un po’ si, perché sento che la nostra esperienza è stata positiva e lieta. Sul fare lasciatevi aiutare – o chiedete aiuto, se non arriva – e non lasciate che il dover adempiere e preparare tante cose vi rubi l’immaginario e la sua condivisione. Anche per immaginare il proprio bambino c’è bisogno di meditazione, di silenzio, di tempo per sé, di riposo e così pure per raccontarselo tra madre e padre.

Anche i nonni hanno bisogno di partecipare a questa vicenda di gioia e di umanità, ma possono vivere il fronte “fare” con maggiore intensità, perché portandoci alla luce hanno già attraversato questo immaginario e possono lasciarci tranquilli a viverlo con la giusta densità (e calma!). Concretamente faccio degli esempi che forse vi sembreranno banali, ma tante volte sono mamma e papà che si ritrovano a dover pensare a tutto e nel frattempo volano via i 9 mesi.

I miei suoceri hanno risistemato il mio lettino di 34 anni fa, creato lenzuola, paracolpi, trapuntina, riduttore al posto della culla… sistemato il fasciatoio per riuscire a starci in appartamento con tutti questi nuovi oggetti sempre molto grandi… la mia mamma ha cucito le camicie da notte per l’allattamento e le vestaglie, ha lavato tutti i vestitini per l’ingresso di Viola nel mondo e così via. Ora stanno preparando un po’ di cose buone da lasciarci per le prime due settimane dal rientro dall’ospedale, così da poterci concentrare sulle primissime azioni e emozioni con Viola senza troppe ansie o incombenze.


Al di là delle cose artistiche che ciascuno ha confezionato con le sue mani, che fanno concorrenza alle cose da sogno che ti propongono nelle riviste e del risparmio notevole ed essenziale acconsentito, ancor più hanno potuto desiderare e amare Viola predisponendo il nido di paglia, lasciando a noi lo spazio e il tempo per dedicarci a quella culla impalpabile dell’interiorità. Ci hanno lasciato il bambino immaginario. Beh, grazie!

Mia suocera mi dice sempre “spero di non essere stata invadente” nel preparare queste cose; io continuo a rassicurarla e senza sensi di colpa le ammetto che oltre ad aver creato cose bellissime, mi ha fatto un favore, perché la mia e nostra priorità era fare spazio a Viola non in appartamento (aspetto comunque essenziale!), ma nella casa più intima mia personale e di coppia dove spostare e mettere a soqquadro, fare qualche piccolo trasloco di stanza non è sempre così veloce e indolore. Viola ha bisogno di entrambi i nidi e le famiglie sono di più generazioni, forse, per assicurare che nessuna di queste culle manchi all’appello.

Si, questo è davvero un consiglio, senza presunzione, ma ghiotto della serenità che ci è rimasta addosso nel dedicarci al bambino della notte e dello stadio e dell’affetto di chi ci ha aiutato concretamente. Forse anche questo blog è l’espressione dell’immaginario e del simbolico che Viola porta con sé e dell’aiuto che non c’è stato negato. Aiuto che è diventato pensiero. Pensiero che è evoluto in condivisione. Una bella conversione!

domenica 15 agosto 2010

violapensiero n°12

Un medico parla con franchezza. (sull’EVN - educazione al vasino per neonati)



Non sono venuta a sapere di questo metodo di educazione al vasino in tempo per poterlo usare con le mie prime due bambine. Da medico quale sono, non avevo mai dato la minima importanza a questo genere di cose. Anche durante i miei numerosi viaggi all’estero non ero mai venuta a conoscenza di questo metodo. E’ una di quelle cose che non entrano nella coscienza fin quando non si diventa genitori. Inoltre, all’università ci hanno insegnato che è fisicamente impossibile educare un neonato alla gestione dei bisogni fisiologici, e questo è ciò che poi noi raccontiamo ai nostri pazienti. Così, la possibilità di un’educazione precoce al vasino mi ha colto veramente di sorpresa. […]


Di certo l’educazione al vasino in età precoce è impegnativa. Provando a fare un calcolo giornaliero, alcuni giorni dedico fino a un’ora all’addestramento al vasino. E’ un aspetto su cui riflettere: qui in Occidente siamo troppo indaffarati, troppo distratti da mille cose da fare. Io penso che in un modo o nell’altro, dobbiamo fare i conti col sederino dei nostri bambini. Possiamo farlo nel modo giusto sin dai primi mesi di vita, o possiamo posticipare il processo rieducando il bambino più tardi, ma questo può comportare difficoltà maggiori. Non possiamo cambiare questo schema a meno che non abbiamo realmente la volontà di cambiare. E’ una decisione individuale della madre. Non mi sento a disagio se qualcuno ammette onestamente di essere troppo indaffarato per applicare questo metodo. Sono convinta che se i genitori fossero realmente consapevoli dell’impatto ambientale e dei danni potenziali causati ai bambini dal fatto di rimanere a lungo in pannolini bagnati od esposti ad agenti chimici come la diossina, sarebbero più motivati a sperimentare l’educazione al vasino in età precoce. Come medico, se vedo una mamma il cui bambino presenta irritazioni cutanee da pannolino, posso pungolarla un po’, raccomandandole di tenere il bambino in un tessuto o lasciarlo all’aria aperta o che provi qualcosa di nuovo come l’uso precoce del vasino. In ogni caso ci deve essere una motivazione, per cambiare comportamento nella nostra società non è facile mutare le abitudini. I pannolini usa e getta sono semplicemente troppo comodi… ma a che prezzo! […]


La medicina occidentale insegna che, dal punto di vista neurologico, non è possibile l’educazione al vasino nella prima infanzia. Non so da dove venga questa idea. Sembra trattarsi semplicemente di nozioni trasmesse da una persona all’altra a partire dall’esperienza pratica. Non mi è mai capitato di imbattermi in studi approfonditi sulla materia. I profani non si rendono conto di quanta parte della medicina convenzionale poggi le sue basi su fonti che non sono altro che “il sentito dire”. […] L’idea corrente che porta a ritardare l’addestramento al vasino ai 15 mesi ed oltre per la presunta immaturità neurologica da questo punto di vista è infondata, data l’abbondanza di prove contrarie contenute in numerosi resoconti provenienti da altri paesi. A chi vi sentite di dare più credito, a milioni di neonati asciutti di 6-9 mesi di età o ai cosiddetti esperti? […] Un altro fattore che ostacola la diffusione dell’ EVN negli Stati Uniti e in Europa è il consumismo. Troppo spesso i medici costituiscono involontariamente la testa di ponte di specifici interessi commerciali: farmaci, alimenti per la prima infanzia, pannolini usa e getta. Sono pienamente consapevole che buona parte di quello che so in fatto di prescrizione di medicinali mi sia stato passato dai rappresentanti di ditte farmaceutiche, i cosiddetti “informatori scientifici” che hanno un prodotto da vendere. I produttori di pannolini usa e getta hanno tutto da perdere dai medici che incoraggiano l’EVN o l’impiego di pannolini in tessuto.


Sin dai primi giorni di vita, gli ospedali forniscono pannolini usa e getta, con la giustificazione che sono più igienici di quelli in tessuto, ma tutti i medici sanno che la diffusione dei germi è da attribuire in primo luogo a coloro che si prendono cura del bambino, il tipo di pannolino utilizzato c’entra poco. E’ molto difficile entrare nella torre d’avorio della medicina convenzionale ed è una grande sfida quella di cambiare il modo in cui i medici ricevono l’informazione. […] Le menti si stanno aprendo perché sempre più pazienti richiedono un approccio olistico alla salute. […] E’ un processo lento quello che porterà all’estinzione di alcuni dei vecchi paradigmi. Spero non sia necessario attendere un ulteriore aggravamento delle condizioni ambientali a causa del nostro stile di vita. Man mano che cresce lo scambio tra culture diverse, aumenta la richiesta di informazione da parte dei pazienti e i medici stessi diventano più ricettivi. E’ una rivoluzione che deve avvenire.”

Laurie Boucke, Senza pannolino

Come educare al vasino sin dai primi mesi di vita



La testimonianza – scusate la lunghezza, ma meritava – di questa dottoressa americana è ancora del 2000 e si trova nell’appendice del libro edito nel 2006 da Aam Terra Nuova (una collana che vi aiuta a pensare – e gestire, nessuno si offenda di questo verbo - il vostro bimbo ecologico) che accompagna passo passo all’educazione precoce al vasino. Per i dettagli tecnici dell’addestramento (anche qui i più “poetici” non si spaventino di tali termini, che sono usati per dare il senso quotidiano e operativo della pratica che attende i genitori) potete consultare anche il sito http://www.evassist.it/sitenew/ - crescere senza pannolino. In realtà si tratta di una pratica che oltre a determinare un minore – ma tanto! – impatto ambientale e attivare un processo d’indipendenza del bambino fin dalla nascita, crea una complicità e una comunicazione tra il neonato e i genitori davvero stupefacente e si, anche poetica in questo caso. Eppur si tratta di cacca e pipi. Ma De Andrè ci aveva già avvisato!

Come tutte le conquiste potete già immaginare che il percorso non è indolore, ma la posta in gioco è ancora più alta dei popolini su cui ci siamo già intrattenuti. Ambiente, persona e relazione mi sembrano le tre dimensioni che ne escono rafforzate. E forse in modo più sensato di quanto ci proponga ogni tanto il ministro Brunetta in occasione delle sue riflessioni sui “bamboccioni”. Ecco, i neonati per comodità (mi tiro dentro, siamo tutti complici di questo stile di vita) li trattiamo da bamboccioni, perché li educhiamo per anni a farsela addosso e poi gli chiediamo di fare retromarcia e di provare a perdere questa abitudine, che noi gli abbiamo incollato giorno per giorno al sederino.

Per esempio, ma si potrebbero citare altre aziende, a nessuno di noi viene in mente di denunciare la Pampers perché nel suo marketing ci incita a seguire la scala di P-R-O-G-R-E-S-S-I (ma per chi? Per il bilancio aziendale, non sicuramente per il bambino incontinente!) Se avete dei dubbi http://www.pampers.it/prodotti/prodotti_progressi.php e in ogni caso nel loro slogan è pure ammesso nero su bianco. Recita così: Nasce____Cresce____Corre!! Il corre prevede la taglia “extralarge” per un peso di 16 kg (toto età? I forum dicono che siamo tra i 2 e 3 anni!) e tanto per fare un po’ di sano teleforum sulla pubblicità analizziamo anche la frase che accompagna questa taglia:

“Crescendo, il tuo bambino si trasforma in un piccolo adulto: desidera indossare la sua prima mutandina, anche se ha ancora bisogno dell'assorbenza del pannolino. Per questo, Progressi ha inserito due nuove taglie (5+, 6) con un prodotto super sgambato come una mutandina, ma con il maggior potere assorbente di Pampers, per contenere anche pipì da campioni.”

Siamo intelligenti: non servono commenti, se non specificare che ci trattano da rimbambiti.

Sempre la dottoressa americana aggiungeva che se i bambini “si educano sin dalla nascita al vasino, impareranno che nella vita vivere è molto più che stare seduti in un pannolino.” Allora, il ministro Brunetta oltre ad esternare pareri su universitari e trentenni a casa con mamma e papà, dovrebbe avere anche un incontro ravvicinato con i responsabili aziendali Pampers e legiferare sulle pipì da campioni. Proponiamoglielo nel blog http://www.renatobrunetta.it/.

Tranne l’occidente più opulento, il resto del mondo fa uso di questa pratica, ognuno con le sue specificità culturali. Sarà proprio vero che la ricchezza genera progresso? Nel libro Senza pannolino sempre in appendice vengono fornite indicazioni sui paesi che utilizzano EVN per eventuali scambi (nell’era globale!) sul come riuscire nell’addestramento. Alla fin fine è una bella parola, mi piace. E’ usata in modo non violento, assolutamente non militare che apre alla pace (dei sensi del culetto). Beh, per l’Europa sono indicate solo Bulgaria, Cecoslovacchia, Romania, Russia, Turchia. Ah, ma allora non portano solo clandestini e criminalità… potremmo anche imparare??!! Questo potremmo scriverlo ad un partito, ma mi fermo qui, perché oggi divento troppo politica e faziosa. Purtroppo loro da noi invece imparano la comodità e perdono per strada la forza delle loro pratiche educative. Dio benessere!

Veniamo alla nostra famiglia, altrimenti è facile fare l’omelia domenicale (oggi ci sta proprio!).

A 15 giorni dalla data presunta del parto, non posso sapere se io e Mauro saremo in grado di farcela, ma so che vogliamo provare l’addestramento! In casa per il rientro dall’ospedale per non trovarci sommersi dalla pipi ancora inesperti abbiamo sia dei prototipi di popolini, come raccontavo tempo fa, sia una confezione di Pampers progressi n. 1. Ma anche due V-A-S-I-N-I. (Mentre li compravamo ancora con il pancione, tutti infatti mi guardavano strana. Effettivamente siamo in anticipo per la cultura italiana). E altri due acquistati sempre all’Ikea (e siamo a quota 4 per 6 euro, un costo accessibile che si può ammortizzare con altri figli) sono già stati consegnati nelle case dei nonni paterni e materni per eventuali soggiorni. Mentre li compravamo mio marito mi ha pure suggerito di prenderli tutti VERDI (e non di più colori come stavo facendo creativamente al femminile), così da non confondere Viola. In quel momento ho percepito che siamo una famiglia! Forse tra breve sarà più puzzolente di quella del Mulino che vorrei, ma una famiglia. Sono le piccole intuizioni che ti dicono che stai camminando insieme.

Io non ho mai cambiato pannolini in vita mia, ma desidero che questa verginità sia l’occasione non per farmi dire dall’amato prossimo che non si tira mai indietro nel giudicarti “fai presto tu a parlare, prova prima!”. Una pacca sulla spalla di incoraggiamento, no? Si provo, ma voglio provare tutte le strade che ho a disposizione e in primis quelle che non distruggono il creato. Ed eventualmente ammettere che non ci siamo riusciti, ma che abbiamo provato.

Il libro forse è difficile da reggere a livello di nausea: 200 pagine di pipi e cacca illustrate in varie modalità di evacuazione, mettono a dura prova tutti, ma in realtà è un testo molto equilibrato che aiuta i genitori a non sentirsi frustrati se non ci riescono, a non essere integralisti con il bambino, a conservare delicatezza e flessibilità e a non fare gare con figli precedenti o con figli di altri.

Forse queste pratiche ci renderanno meno efficienti al lavoro, meno brillanti, meno belli e rampanti, con le culle meno fashion, con i tappeti trendy rovinati dalla pipi?? Dai, un prezzo accettabile, se possiamo contribuire a non vedere gli scenari da fantascienza che la tv sta mandando in onda questa estate da ogni parte del mondo. E da esperta di cinema, vi assicuro che la Russia così non l’avevamo ancora vista in nessun film americano post guerra fredda!

Oggi è il giorno del Magnificat, l’Assunta l’alleanza tra cielo e terra. Se vogliamo unirci al cielo, intanto riprendiamoci la terra.

p.s. parliamone!