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martedì 19 ottobre 2010

violapensiero n°21


“Chi non si è, un giorno, interrogato sulla vita? Chi non si è, una volta, domandato che cos’è? Domande troppo ambiziose. E Senza risposta. Ma a chi domanda, più modestamente: «Dove comincia la vita? E quando?». C’è una risposta, immediata, semplice quanto evidente: «La vita comincia con la nascita…». E ogni preoccupazione si dissolve. E’ un’evidenza? La vita comincia con la nascita… Veramente? Nel ventre… Nel ventre di una madre, il bambino non è già vivo? Non si muove? Non c’è dubbio. Si muove. Ma, dicono alcuni, è una semplice attività riflessa. Attività riflessa! No! Noi sappiamo, oggi, che molto prima di essere “venuto alla luce” il bambino percepisce. E che sente. E che, dal suo oscuro rifugio, tende l’orecchio al mondo. Sappiamo anche che egli passa dalla veglia al sonno. E che sogna! Per cui, a far cominciare la vita al momento della nascita, si commette un errore grossolano. Ma cosa ha inizio, allora, quando il bambino viene al mondo? Che cosa se non la vita?

Ciò che ha inizio è la paura. La paura e il bambino nascono insieme. E non si lasceranno mai. La paura compagna segreta, discreta come l’ombra e, come lei, fedele, ostinata. La paura che non ci abbandonerà fino alla tomba dove fedelmente ci avrà condotti.
Nel ventre della madre, la vita era di una ricchezza infinita. A prescindere dai suoni e dai rumori, tutto era, per il bambino costantemente in movimento. Che la madre si alzi e cammini, che si giri o che si chini, che si alzi sulla punta dei piedi, che peli la verdura o usi la scopa, sono altrettante onde, altrettante sensazioni per il bambino. E, anche, che la madre si riposi, che prenda un libro e si segga, o che si corichi e si addormenti, la sua respirazione non cessa mai, il cui placido moto, la cui risacca continua a cullare il bambino.
E poi passata la tempesta della nascita, ecco il bambino, solo, nella sua culla. O piuttosto, ahimè, in uno dei piccoli letti che sono gabbie per neonati. Nulla si muove più. Il deserto. E il silenzio. Il mondo intorno è improvvisamente di ghiaccio, fisso, in una totale e terrificante immobilità. E poi, mentre di fuori si è creato un vuoto totale ecco che dentro da qualche parte nel ventre qualcosa afferra, torce, morde…
….
La fame, un mostro? La fame è una sensazione piacevole. Non è vero, forse? Che noi vediamo ripresentarsi, diverse volte al giorno, con vera soddisfazione. Sensazione piacevole per noi. Che sappiamo bene che presto mangeremo. Ma, per il bambino? Il povero piccolo, può muoversi? Può avvicinarsi alla dispensa? Può, come al ristorante, chiamare: “Cameriere! Cameriere!” Lui non smette di gridare! E anche a squarciagola: urla per far capire che dentro… E… non arriva niente! Deve aspettare. E subire. E lasciarsi divorare… dall’ansia. Fino a che, finalmente, dal deserto che è, ora, il mondo di fuori viene qualcosa che calma, infine, il mostro che si è svegliato dentro. Di fuori, dentro… Ecco il mondo diviso in due. Dentro, la fame. Di fuori, il latte. Lo spazio è nato. E, fra i due, l’assenza, l’attesa che è sofferenza indicibile. E che si chiama il tempo. Ed è così che, semplicemente con l’appetito sono nati lo spazio e la durata.
Se i piccoli urlano, ogni volta che si svegliano, non è per i morsi della fame. Sono terrorizzati dalla novità della sensazione. Da quel “qualcosa dentro” che prende proporzioni immense proprio perché, di fuori, il mondo è morto. Bisogna nutrire i piccoli. Non solo il loro ventre, ma anche la loro pelle. E inoltre, in questo oceano di novità, d’ignoto, bisogna fargli riprovare sensazioni passate. Che sole, per ora, possono indurre uno stato di pace, di sicurezza. Questa pelle, questo dorso non hanno dimenticato. Ho raccontato come le prime contrazioni nel seno materno avessero terrorizzato il bambino. Ho detto, come finita la sorpresa, il piccolo avesse cominciato a amare, a invocare quella forza che si impadroniva di lui, che lo premeva. Poi lo lasciava stupefatto e sazio. E come di settimana in settimana la presa si fosse fatta più appassionata, più potente. La nascita può essere, per il bambino, la più straordinaria, la più forte, la più profonda delle avventure. Il suo grido, allora non è che l’appassionata protesta che un piacere così intenso finisca, bruscamente. Ho detto come, appunto, bisognasse, alla nascita, tenere il bambino, massaggiarlo. Prolungando così, la sensazione possente, lenta, ritmata. Facendola morire lentamente. Si evita la frattura brutale, origine di sofferenza e di rifiuto. Così sembra al bambino che la contrazione lo accompagni alla culla per non lasciarlo che quando si è ben sistemato in questa nuova ed inebriante libertà. Ciò che si è fatto, al momento della nascita, bisogna ripeterlo ogni giorno, per settimane, per mesi. Poiché, per lungo tempo ancora, il piccolo, ogni volta che si sveglia, prova lo shock di ritrovare il mondo al contrario: le sensazioni forti nel suo ventre, nello stomaco, e di fuori più niente! E’ essenziale ristabilire l’equilibrio. E nutrire il “fuori” con altrettanta cura del “dentro”. Per aiutare i piccoli a traversare il deserto dei primi mesi della vita, perché essi non provino più l’angoscia di sentirsi isolati, perduti. Bisogna parlare al loro dorso, bisogna parlare alla loro pelle che hanno sete e fame quanto il loro ventre. I piccoli hanno bisogno di latte, sì. Ma più ancora di essere amati e ricevere carezze.”

Frédérick Leboyer – Shantala

L’arte del massaggio indiano per far crescere i bambini felici.




Un peccato non mettere anche il seguito di questo dramma del “venire al mondo”, così poeticamente descritto da Leboyer, medico francese per anni impegnato per l’ONU in India e nell’insegnare alle donne occidentali come affrontare la maternità in modo naturale. Si legge in una notte questo volumetto che racconta in modo molto semplice come accostarsi ai bimbi con l’arte del con-tatto e come si tratti di una terapia quotidiana necessaria per fare del bene alla loro anima spaventata e disorientata. Un insegnamento che mostra posture e movimenti ma che ad essi anticipa, come mostra la citazione, un accompagnamento della persona a comprendere la grandezza e il nutrimento di quanto andranno a compiere. Il massaggio neonatale è ormai una pratica molto diffusa e non mancano i corsi che lo insegnano da vicino e concretamente. Il libro stesso di Leboyer esiste anche in formato dvd.

Stanotte penso di aver provato una sensazione di paura simile a quella dei neonati. Da alcuni giorni Viola dorme nel nostro letto. Non ci sono motivi particolari, se non la bellezza ogni tanto di stringersi vicini vicini come famiglia. Forse sarebbe già un buon motivo. Le prime settimane le ha fatte tutte nel suo lettino dove ieri sera l’abbiamo rimessa e dove lei è rimasta senza proteste. Quando all’una sono andata a letto, mi frullavano nella testa queste parole di Leboyer, che avevo letto ancora settimane fa. Ero così inquietata che ho svegliato anche il marito che dopo poche ore doveva svegliarsi per spostarsi a Parma. Immaginate la gioia di sentire le mie paturnie. “E se Viola si sentisse abbandonata al risveglio? E se dopo averla abituata in questi ultimi giorni ad una presenza corporea costante anche nel tempo del sonno e del risveglio, ora da sola nel buio provasse una sensazione mostruosa di paura?”. Davvero non ho chiuso occhio per ore finché l’interfono finalmente non ha emesso un vagito e mi sono catapultata nella sua stanza per limitare al massimo quella percezione spazio temporale descritta da Leboyer.

So che possono sembrare problemi irreali e insensati e prima di avere un figlio, avrei descritto questi pensieri come paranoie senza senso di una madre annullatasi nei meandri della maternità. Beata incoerenza, ora proprio non lo penso. E non per il semplice fatto che c’è Viola, ma per queste riflessioni e letture che si intrecciano al suo esserci. Ci sono pagine come questa che ti spalancano un mondo nuovo, che altrimenti non saresti stata in grado di immaginare. E ti aiuta un medico. Senza farmaci. Con la sua sapienza umana. Che bellezza. Pagine che cambiano definitivamente i tuoi passi verso la cameretta di tuo figlio, che modificano il tuo raccoglierlo tra le braccia mentre lo “prelevi” dal lettino. Una migliore consapevolezza. Una comunicazione più profonda con lui e con i sensi che sta sviluppando. Una vicinanza corporea meravigliosa. Tutto senza soldi. Solo con le nostre mani. La povertà insegna la vita e la ricchezza con i suoi orpelli talvolta ci allontana da essa.

Dedichiamo energie indicibili per progetti professionali, per accaparrarci soldi, cene, vestiti, viaggi e una miriade di oggetti che riempiono senza respiro le nostre case, perché allora non potrei sussultare per questa amicizia che Viola e tutti gli altri Biscotti devono stringere con la paura? Perché non dedicare una mezzora quotidiana alla sua pelle per aiutarla a compiere questo piccolo viaggio all’inferno? E’ proprio vero che ogni età della vita presenta staccionate davvero imponenti da oltrepassare. Anche per i bimbi. Ed è vero, come recitava il titolo di un libro di Bruno Ferrero, che “i nostri figli hanno soltanto noi!”. Per questo e perché sono delle persone che hanno bisogno di rispetto, non mi vergogno di queste pare notturne che mi abitano. Sì, il dilemma era tra lettone e lettino, ma poi mi rendo conto nel mezzo che c’è anche dell’altro, che forse può aiutare a passare dal lettone al lettino e viceversa senza brusche fratture, come si passa dal “dentro” al “fuori” che ricorda Leboyer.

Ciò che mi sconvolge di più è come la velocità della nostra vita quotidiana sia esattamente quanto di più distante può esserci da queste pratiche di maternage. Il massaggio seguito dal bagno, come consigliato, richiede minimo un’ora al giorno. Siamo pronti? Ci sta in un’agenda impazzita? Bisogna davvero rallentare per stare a con-tatto. Pensare. Comprendere. E agire. E invece talvolta si vive e basta, rincorrendo tutto e facendo ciò che si è sempre fatto, ciò che si è visto fare, senza mai entrare nel vivo di un’esperienza che è solo tua e che aspetta la tua risposta, la tua scelta, la tua azione. Con un gioco di parole per farsi carico della vita bisogna diventare come delle “lenti a contatto” come questi due animaletti. Tempo e spazio. Ancora le stesse coordinate di Leboyer. I bimbi le apprendono, gli adulti se ne riappropriano.
Chissà se c’è qualche esperienza di con-tatto che qualcuno è riuscito a dedicare e a dedicarsi. O qualche buona pratica da lumaca e tartaruga. Racconti di “decrescita” per far crescere. Scrivete. Le condivisioni sono crepe rilassanti nelle nostre certezze.

p.s. per la seconda volta di seguito violapensiero (n°20) ha indovinato l’argomento del programma di Pellai su Radio24. Stavolta sulla bestemmia (governativa!). Se volete ascoltare la puntata: http://www.radio24.ilsole24ore.com/popup/player.php?filename=101009-questa-casa-non-e-un-albergo.mp3

3 commenti:

Naima ha detto...

Io la chiamo “zona di decompressione” ovvero quel lasso di tempo di circa 20 - 30 minuti che inizia non appena varco con la mia Ranetta la soglia di casa. E’ come quando - durante il MotoGP - Meda urla “Al mio via scatenate l’infermo” ed il semaforo diventa verde... bhe Ranetta a quel punto siamo già sul divano e stiamo distruggendo la giornata appena trascorsa, con rabbia, con risentimento...
Via giacca, berretto, scarpe e calzini non importa che sia estate o inverno, a piedi nudi ad ogni costo.
E tutto quello che c’è a portata di mano è lanciato in ogni direzione....
A quel punto ho due alternative: 1. prenderla per un’orecchio e cominciare a brontolare perchè questo non si fa, non è bene, non è educato.... 2. lasciarla fare, incitando magari la sua voglia di scaricare la sua rabbia per esser state lontane, per non esser stata con lei tutto il giorno.
Nel giro di 20, 30 minuti lei poi riprende possesso dei suoi spazi, dei suoi giochi, del nostro ambiente familiare, fatto di profumi, suoni e colori. Riprende soprattutto possesso di me, perchè ad un certo punto riesco a prenderla in braccio senza che mi arrivi un pugno sul naso od una sberla e riesco a baciarla e lasciare talmente poco spazio tra di noi, che ritorniamo ad essere - per qualche breve istante - una cosa sola, una carne sola.
Sono attimi rubati alla quotidianità, al mio correre al lavoro, poi dai nonni, poi a casa perchè c’è la cena da preparare, qualcosa da sistemare e sempre qualcosa da lavare o stirare.
Sono attimi purtroppo non sempre vissuti fino in fondo perchè ci sono sempre giornate pesanti, giornate buie e che vorresti lasciare alle spalle... e questo vale anche per Ranetta perchè la vita al nido alle volte può essere davvero dura. Alla sera, dopo la doccina o il bagno, contiamo i segni di ogni avventura: all’attivo ci sono un graffio sul visto (guancia dx), uno sulla gamba sinistra, un morsico sull’avambraccio sinistro e qualche piccolo ematoma in più... è dura anche la vita per un bimbetto di 2 anni che proprio stamattina, varcata la porta del nido, mi guarda e dice: “Mamma, a casa, non voglio asilo”...
Non riesco e riusciamo a fare molto di più per recuperare quel contatto di pelle, quell’esperienza di tenerezza e accoglienza per scacciar via le paure e le ansie (mie e nostre) ma come genitori ci proviamo... e cerchiamo di non farle mancare abbracci, voli in aria, capriole e “baci, uno sulla guancia destra ed uno sulla guancia sinistra, perchè altrimenti vai via zoppa”, ecco zoppa, mancante di equilibrio - psicoaffettivo- per affrontare le meraviglie e le avventure che ogni giorno ci riserva.

Unknown ha detto...

Vorrei parlare di quel argomento tanto caro a chi governa le menti e lo spirito ,la paura, che tu citi in grassetto quando dici che Ciò che ha inizio è la paura. La paura e il bambino nascono insieme. E non si lasceranno mai. La paura compagna segreta, discreta come l’ombra e, come lei, fedele, ostinata. La paura che non ci abbandonerà fino alla tomba dove fedelmente ci avrà condotti.

Care ragazze se proprio dovete insegnare qualcosa a queste astronavi che chiamate con nomi e gli date cognomi non insegnate la paura perché la paura è il potere degli stati per governare le menti e delle religioni per governare lo spirito........pensateci informatevi come disse un grande, non abbiate paura....

Massaggio di Luce ha detto...

Shantala è stata una scoperta per me meravigliosa, e posso dire con certezza che per tutti i genitori imparare il massaggio del bambino è un'esperienza nutriente...

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