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giovedì 22 luglio 2010

Viola pensiero n° 2

“E’ perché la sorte delle generazioni future è nelle mani delle donne che questo libro si rivolge essenzialmente a loro. Gli uomini fabbricano macchine. Le donne creano uomini. La bellezza di questa missione, ai miei occhi, è ineguagliabile. Se la tecnologia talvolta può aiutare la natura a sopperire a certi suoi difetti, essa comunque non può mai sostituirsi a ciò che una madre nel corso di una gravidanza vissuta in armonia, dà a suo figlio e che determina in parte la sua salute e il suo equilibrio futuro.
Facendo credere alle donne, che per essere uguali agli uomini, dovevano assomigliare a loro (lavorare come loro, conquistare una posizione sociale in vista, libere di viaggiare e di lasciare il focolare domestico), l’ideologia femminista le ha profondamente alienate. A forza di voler assomigliare agli uomini, molte di loro hanno perduto la loro specifica identità. Parità dei diritti certamente, a condizione però che questo non significhi somiglianza e perdita del senso della propria vita”.

Jean-Pierre Relier, Amarlo prima che nasca
Ce n’è per un convegno! Relier è un autore che mi ha accompagnato nel secondo trimestre del formato espansa. Un primario parigino di medicina neonatale con un’attenzione molto spinta alla sfera psicologica. Le sue parole, scomode per uomini e donne, sono una provocazione che continua a darmi tormento.

Avere un figlio è l’occasione per farsi venire la “mammite” acuta e non guarirne mai più, oppure anche per aggiornare il proprio pensiero su molte questioni che ti riguardano, ma che non hai mai seriamente considerato perché eri occupata “a somigliare agli uomini”. Inconsapevolmente, e forse anche inutilmente, perché non saremo mai come loro e dice bene Relier, non c’appartiene. O rovesciandola, che mi sembra anche più interessante, loro non saranno mai come noi e forse, da furbi, mai hanno pensato di volerlo. Va ammesso che mi ritengo molto fortunata a vivere in un tempo storico e personale in cui mio marito contempla una sana condivisione – ognuno secondo le sue specificità di genere e personalità – delle responsabilità che la genitorialità comporta.

Chi mi conosce bene sa che di affetto per il femminismo ne ho da vendere, la parità dei diritti è una battaglia irrinunciabile che mi anima focosamente (anche associativamente: CIF resisti!), ma prima di trovarmi su questa poltrona Ikea ad attendere il passare delle notti in onore di Viola, non avevo mai colto quanto la donna si trovi a vivere un’esperienza così singolare e all’uomo impedita. Eppure vi partecipa nel determinarla a monte e durante con il livello di benessere e/o malessere che saprà regalarti accanto.

Si certo, inizia tutto con la consapevolezza che ti assale fin dalle primissime ore dell’essere gravida, che ti trasformano biologicamente in altro da te – a partire da ciò che si vede (il seno!) a ciò che non si vede (guarda caso proprio dove siamo diverse dagli uomini) – e che ti fa sentire come una “dea” (non esagero!) sul cui corpo marcia inesorabile il mondo. Cosa diceva Relier… le donne creano uomini! Non è abbastanza per assicurarci un posto in prima fila nell’identità di genere, nelle politiche statali, negli ambienti di lavoro, nella Chiesa? Il nostro è un punto di vista che andrebbe ascoltato, meditato, contemplato e tutelato. Ovvio che parliamo di donne di buon senso. So di non dire nulla di nuovo, forse scontato, ma così lontano ancora dalla realtà che mi giustifica a ridirlo.

Non dobbiamo conquistare nulla, abbiamo tutto dentro di noi. Come donne, e non serve diventare madri, il nostro germe più intimo porta già i segni di questa vocazione. Se l’altra metà del cielo ci dimentica in questo nostro “dolce sentire”, è un danno che si arrecano personalmente, ma per convincerli del contrario dobbiamo davvero corrergli dietro perdendo le sembianze della dea?

Io sento di aver vissuto anni della mia vita a compiere questa assurda maratona al maschile, perdendomi delle prelibatezze dell’essere donna intime e necessarie che ora mi sto riprendendo largamente. Ma si deve attendere una gravidanza? Facile riprendersele. C’è un’intelligenza al femminile che va usata e promossa sempre in ogni ambiente, indipendentemente dallo stato affettivo che la donna sta vivendo.

C’è un però: sono le madri a creare gli uomini. Relier insegna. Forse dobbiamo rivedere qualcosa su questo fronte. Forse correndo alcune maratone, ce ne siamo perse altre e non siamo state capaci (plurale che scende lontano nel tempo, ma che abbraccio ugualmente) di imprimere dalla gravidanza ai passi successivi della crescita quell’ amore e desiderio dell’uomo verso l’intelligenza femminile. Un rispetto che non siamo riuscite a seminare. Il contesto non aiuta, anzi determina, ma noi donne forse non abbiamo fatto abbastanza nel nostro cortile pedagogico.

Nel mio futuro di mamma, per ora di una femmina, chissà mai anche di un maschio, mi auguro di riuscire a sfiorare Viola con questo profumo, di saperla educare, nella libertà, a lasciar volare la donna che è in lei senza rincorrere falsi miti. In lei, già dea, si ripropone “la sorte delle nuove generazioni”. Tanto di cappello a Relier.

Alla prossima, una webmamma

p.s. Il web è rispettoso dell’identità di genere. Chi negherebbe mai un blog ad una donna? Inchino digitale agli uomini che creano le macchine giuste!

3 commenti:

U carcamagnu ha detto...

la stiamo perdendo, la stiamo perdendo!! :-))

scherzo mariuccia...;-)

le tue riflessioni sono così profonde ed esaustive che nonsi sa cosa commentare... ma forse nella notte... intanto un affettuoso abbraccio da noi tutti a voi tutti!

Violapensiero ha detto...

Ciao Arianna,

grazie, mi piace l'argomento anche se sono dell'altro genere.
Credo di poter contribuire alla discussione parlando d'un aspetto che mi sembra poco stimato: il contributo essenziale della donna all'equilibrio spirituale dell'uomo e alla sua piena realizzazione.
Credo che non ci sia la macroscopica questione della maternità, che letteralmente balza agli occhi e rappresenta un momento diapason, ma anche la semplice relazione d'affetto e d'amicizia che gli uomini normalmente intrattengono con spose e amiche a cambiare la qualità della vita. Almeno per me maschietto, i quasi 50 anni con mia moglie sono stati paradisiaci: smettiamola con i luoghi comuni e pensiamo alle coppie riuscite, quelle che si amano come il primo giorno e che imparano a condividere la vita. Non si tratta di condivisione solo di aspetti comuni, la famosa affinità, ma anche di diversità e differenze, che sono ricchezza a saperle prendere dal punto di vista giusto. Proprio perchè due esseri uguali non esistono, mi sembra un inutile luogo comune ed un affaticarsi quello di cercare e credere d'aver trovato l'anima gemella. Tessiamo la lode della diversità e del dono di viverla in due come una delle cose più belle che il Padre eterno ha dato all'umanità. Tessiamo la lode della pacifica dialettica di coppia che giunge senza troppa fatica a far sintesi di tutte le diversità e metterle sotto l'ombrello di un noi convinto ed effettivo, non solo di facciata e limitato all'abbraccio e alla vicinanza fisica. Che tristezza due che si dicono: mi manchi! Che bello portarsi nel cuore l'altro con lo stesso stile con cui si porta nell'utero un figlio! Anche questa è maternità ed è indifferentemente anche paternità.
Può l'uomo vivere senza la donna e viceversa? L'antropologia cristiana ci dice di no, ma non è così radicale e determinata nella coerenza al principio. Trovarsi vedovo, cioè solo, dopo 50 anni non ti crea solo una sensazione di dolore e sofferenza, bensì una sensazione di incapacità di continuare come prima: ti senti profondamente diverso, vuoto e nudo di fronte alle cose d'ogni giorno ed ai grandi quesiti della vita: è come aver perduto un figlio con un aborto!
E' questa la prova che la donna ha un suo ruolo magnifico e speciale nella vita di un uomo, un ruolo che nessuno riesce ad assolvere più quando la donna non c'è più nel suo ruolo attivo, ma c'è solo nel pensiero e nel ricordo. Non è solo nostalgia di quella donna che ti è stata vicina, è nostalgia della donna in quanto tale. Ecco cosa voleva dire per Adamo essere solo!
Mi viene spontaneo citare un paragrafo della lettera che Giovanni Paolo II ha indirizzato alle donne.
Ciao!
Lorenzo Marini

Violapensiero ha detto...

"Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell'essere umano nella gioia e nel travaglio di un'esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.

Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.

Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.

Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del « mistero », alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.

Grazie a te, donna-consacrata, che sull'esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all'amore di Dio, aiutando la Chiesa e l'intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta « sponsale », che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.

Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani."
(Dalla lettera alle donne, 1995)

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