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giovedì 24 febbraio 2011

Violapensiero n°31


La donna biblica è una donna che osa. E’ prometeica. Forse perché deve riparare al danno fatto, potrebbero dire i moralisti: avendo introdotto ella la “morte” nel mondo, deve industriarsi in ogni modo per sconfiggerla. Ma le categorie bibliche non sono – innanzitutto – moralistiche, bensì sapienziali e spirituali. L’applicazioni delle categorie moralistiche è una chiave ermeneutica in effetti abusiva ed estremamente dannosa. Morte e vita sono, all’inizio della storia dell’umanità, di per sé inscindibili.



Sono l’intelligenza umana e lo Spirito di Dio che danno all’uomo la capacità di distinguerli, di scegliere, di ricavare il bene anche dal male, sfidando, in tal modo, la morte.

Se la donna, infatti – ispirata dal serpente – introduce il male nel mondo, ella vi introduce la sapienza. I testi sacri fanno di lei la personificazione della Sapienza. Di una sapienza che contempla tutte le scienze e le conoscenze, fino a raggiungere il timor di Dio, e che non ha paura di adottare ed attingere ad ogni competenza, ai metodi e alle tecniche, all’audacia e alla preghiera.


In quanto tale la donna riassume in sé la più grande caratteristica di tutta l’umanità biblica: la creatura capace di riflettere, di conoscere la bontà del bene e la malvagità del male e di scegliere il bene per custodire, così, la vita e costruire la terra. Quel “paese” che Dio le ha affidato, fuori da Eden, per esercitare la libertà.
Rosanna Virgili, Le stanze dell’amore

Le riflessioni sulla donna della biblista ed esegeta Rosanna Virgili messe insieme a quello che molte di noi raccolgono in tante “sacche” di vita quotidiana stridono davvero tanto. Senza aggiungere tutto quello che ci è passato davanti in questi mesi tra tv, giornali e internet con dovizia di particolari.

Qualche giorno fa mi è capitato di sognare un “uomo” che conosco. Un lui né troppo vicino, né troppo lontano. Mi parlava in modo serio, autentico con il tono di una persona che il diritto chiamerebbe come “il buon padre di famiglia”. Ricordo che nel sogno ero felice, letteralmente beata. Di recente questa persona non mi ha rispettata in svariati modi e per di più con modalità che come donna mi sono rimaste oltremodo indigeste, scorrette e dolorose. E’ un sogno che ricorderò per molto tempo.

Al risveglio ho sentito sulle labbra al risveglio il sapore di quanto sta a cuore alla maggior parte delle donne. Quel come vorremmo che qualcuno si relazionasse a noi, che in piazza del Popolo a Roma, al “Se non ora quando?, domenica 13 febbraio sr. Eugenia Bonetti ha riassunto con parole chiare e incisive:

"La donna è diventata solo una merce che si può comperare, consumare per poi liberarsene come un qualsiasi oggetto “usa e getta”. Troppo spesso la donna è considerata solo per la bellezza e l’aspetto esterno del suo corpo e non invece per la ricchezza dei suoi valori veri di intelligenza e di bellezza interiore per la sua capacità di accoglienza, intuizione, donazione e servizio, per la sua genialità nel trasmettere l’amore, la pace e l’armonia, nonché nel dare e far crescere la vita. Il suo vero successo e il suo avvenire non possono essere basati sul denaro, sulla carriera o sui privilegi dei potenti, ma deve essere fondato sulle sue capacità umane, sulla sua bellezza interiore e sul suo senso di responsabilità."
Qui potete leggere tutto il suo intervento http://www.fulvioscaglione.com/index.php/democrazia/suor-eugenia-bonetti-for-president/ e qui http://www.famigliacristiana.it/ nel sito di Famiglia cristiana trovate anche il suo blog “Noi donne oggi”.

Nell'edizione padovana di "Se non ora quando" ho respirato quanto donne, famiglie, nonne e nonni o semplicemente comuni cittadini siano scesi in piazza per dire basta, non tanto o almeno non solo, alle scorribande indecorose di compravendita del nostro Premier nei confronti dell’universo femminile, quanto piuttosto per ribellarsi a quel mondo maschilista che ci annienta giorno per giorno e che una parte  della comunicazione sostiene con dettagli, strategie, estetiche e linguaggi. Trattamento che "infastidisce", termine ormai troppo tenue, donne e uomini sani, integrati con se stessi e l’altra metà del cielo per amore, amicizia, professione e qualsivoglia occasione.

Viola, mia figlia, era con me alla manifestazione senza dubbio pacifica, priva di colori e atmosfere politiche e ricca di una forza sismica che si espanderà ad un sussulto senza tregua che ci legherà tra di noi e a quegli uomini che non si riconoscono in questa farsa di potere e possesso. Non sono pochi. E sono riconoscibili da quel fascino intelligente e rispettoso che tira fuori il meglio di noi.

Alcune nonne mi fermavano per rinfrancarmi sul continuare a passeggiare con Viola su strade di orgoglio e difesa di quanto siamo e possiamo essere. E come Viola c’era tanti altri bimbi piccoli, ragazzi, adolescenti assieme ai loro genitori a lanciare verso il cielo palloncini rosa. Quasi a dire “donna, vivi quello sei”. Lasciati andare, vola. Non lasciarti intrappolare in questo grigiore.

Non si può più abdicare a livello educativo. E’ d’obbligo prodigarsi su tutti i fronti possibili per ricostruire un immaginario armonioso della donna proporzionale alle capacità che ella custodisce in sé e che la grossolanità di decenni di immagine televisiva e la pochezza del nostro parterre politico hanno progressivamente ridotto in cocci.

Due film raccontano  quale oscurità ci abbia inghiottito e quanto alta sia la posta in gioco. Il primo "An education" ambientato negli anni ‘60 in Inghilterra e a distanza di decenni ci mostra in modo efferato quanto gli schemi maschilisti si possano ripetere pari pari oggi in Italia e quanto spetti a noi donne di ogni età interrompere. Il secondo "The social network" rivela come la nostra società corra seri rischi sostenendo la priorità dell'immagine sulla personalità, la vittoria del consenso e della notorietà sull'incontro e l'ascolto dal vivo.







Lavorando al cinema frequentemente con gli adolescenti raccolgo da loro frasi, posizioni, indifferenze che fanno venire i brividi. “La donna si fa usare e gli uomini fanno bene ad usarla” ha chiosato un ragazzo l’altro giorno con una tranquillità da far piangere. In realtà ciò che più sconvolge è il non contemporaneo sbottare delle ragazze che accettano in silenzio tali sentenze di coetanei. Solo una ragazza, originaria dai Balcani, è esplosa contro questo maschilismo serpeggiante anche nelle giovani generazioni rimproverando il compagno per aver dipinto la donna come un oggetto o un corpo da possedere. Lei, che forse la schiavitù poteva incontrarla davvero come altre sue conterranee costrette  nelle nostre strade, ha avuto un grido di dignità. Le sue compagne italiane, che invece non corrono il pericolo della schiavitù imposta dalla malavita, sembravano addormentate dal torpore di una prigionia altrettanto violenta: la dittatura dell’immagine che toglie loro attimo dopo attimo l’ossigeno di una sessualità all’altezza dell’affettività e le calorie di una comunicazione in tono con una capacità relazionale autentica.




Non si tratta né di moralismo né di dare un’idea angelica o eterea della donna.

Imperfette ma salde su valori imprescindibili per la nostra natura femminile. 
Anche per queste ragazze narcotizzate dalla tossicità adulta circostante che è scesa a patti con il diavolo spingendole nelle braccia del denaro, dei regali, del lusso e del mantenimento, dobbiamo stringere i denti e aiutarle ad intravedere una donna più reale, più vera, più onesta, più capace di amare e farsi amare.



Anche per loro dobbiamo gridare che la “strada corta” non ci porta da nessuna parte. Non siamo le donne di nessuno e men che meno del capo. Non siamo le donne nemmeno dei nostri mariti o compagni. Apparteniamo solo a noi stesse come ogni persona appartiene alla sua anima. E gli unici legami che vogliamo intrattenere con gli uomini che incontriamo sono quelli che ci possono rendere semplicemente migliori, autonome, adulte e serene.

Ogni altro “possesso” è fuori tempo, fuori gioco. Rispediamolo al mittente ad alta voce e continuiamo il "se non ora quando" l'8 marzo:  http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Io c'ero alla manifestazione, ed è stata proprio come hai splendidamente raccontato: un'occasione pacifica, apolitica e colorata per far sentire la voce delle donne, ma non solo delle donne. Di tutte le persone che non ci stanno più.
Ma io sono sempre più....disturbata dall'atteggiamento delle gerarchie ecclesiatiche, le quali oltre a non condannare apertamente e a prendere le distanze da chi sta compiendo questo scempio che tutti vediamo, oltre a non fare ciò, al contrario condannano apertamente e chiaramente chi va in piazza a metterci la faccia (http://www.facebook.com/home.php#!/note.php?note_id=10150098271229154&id=71253357381).
Faccio fatica, molta fatica.

Marina

Violapensiero ha detto...

arrivato via mail:
-------

« E gli unici legami che vogliamo intrattenere con gli uomini che incontriamo sono quelli che ci possono rendere semplicemente migliori, autonome, adulte e serene».

SOTTOSCRIVO.

Un abbraccio,
Patti

Unknown ha detto...

Madre Teresa di Calcutta ha detto,

L'ira ha rovinato molte persone e ha distrutto molte felicità.
Madre Teresa di calcutta una Donna che senza piazze senza slogan e senza bandiere ha cambiato il mondo solo con l'amore.

Anonimo ha detto...

Da cattolico "universale" vorrei evitare di vivere in uno Stato etico.
Non facciamo della fede un moralismo, giusto per mandare a casa qualcuno che non ci piace.
Rimango saldo nel pensiero del grande filosofo Benedetto Croce che, ragionando in proposito e portando l'esempio di un grande statista inglese che visse a cavallo tra Settecento ed ottocento, tale Charles james Fox scrisse: Si narra del Fox, dedito alla crapula e alle dissolutezze, che poi fu venuto in fama e grandezza di oratoria parlamentare e di capopartito, tentò di mettere regola nella sua vita privata, di diventare morigerato, di astenersi dal frequentare cattivi luoghi, ed ecco che sentì illanguidirsi la vena, infiacchirsi l'energia lottatrice, e non ritrovò quelle forze se non quando ritornò nelle sue abitudini. Che cosa farci? Deplorare, tutt'al più, una così infelice costituzione fisiologica e psicologica, che per operare aveva bisogno di quegli eccitanti e di quegli sfoghi. Ma con questo non si è detto nulla contro l'opera politica che il Fox compiè, e se egli giovò al suo paese, l'Inghilteraa, ben gli fece largo nella politica, quantunque i padri di famiglia con pari prudenza gli avrebbero dovuto negare le loro figliuole in ispose".
Ben detto Maestro. Con le sue parole ha fatto piazza pulita, in un colpo solo, di tutte queste piazze piene di rancore, moralismo grondante ed ipocrisie.
Se non ora quando?
Tutti i giorni, naturalmente, che il Signore ci dà. Facendo la spesa, lavorando, assistendo qualcuno. Ci sono innumerevoli modi per manifestare la dignità della donna. Riempire le piazze, però è l'ultimo!!!
P.S. la prossima volta invece che portare i figli con voi a queste manifestazioni politiche e tendenzionse, piuttosto siate voi ad andare con loro in un parco divertimenti...
Antonio

Unknown ha detto...

caro anonimo lei credo sia molto molto realista,complimenti.

Giovanni ha detto...

Gentile Antonio
(ma anche Mauro)
mi inserisco dopo i vostri commenti, perché trovo la discussione interessante, per quanto ritengo che il senso del post n.31 non sia stato colto appieno.

Il brano iniziale contiene nelle prime righe un'indicazione essenziale; "l'applicazione delle categorie moralistiche è una chiave ermeneutica".
E' un modo per comprendere il testo sacro, ma anche - per estensione - il mondo.

Senza dubbio quel che ha portato in piazza molte donne e uomini è stata la volontà di manifestare contro il premier. L'intenzione di molte e molti era quella di affermare: la tua capacità politica è pari a zero poiché il tuo comportamento è immorale. E' evidentemente un argomento pretestuoso.
Non c'è bisogno di indagare la vita privata di SB per comprendere la sua incapacità di rispondere ai problemi dell'Italia.
E così ha ragione anche Croce, che infatti propone un ragionamento che intende svelare la fallacia di cui sopra.

Ma invocare il ragionamento di Croce non sposta l'incapacità del premier, così come non giova nemmeno al commento di Antonio.
Mi sembra infatti che presumere che tutte le persone in piazza siano andate a protestare contro il premier - in quanto politico - sia esattamente un atteggiamento che lei, Antonio, critica nel post: il moralismo. Il metamessaggio è: io vi conosco e so perché fate quello che fate e non dovreste farlo (anzi dovreste andare nei parchi divertimenti).

Ritengo che molte persone - e anche il post lo sottolinea - siano andate in piazza per protestare contro l'esibizione pubblica e la consacrazione di un modo di intendere la donna.
Non mi fraintenda, Antonio, anch'io guardo con gusto il sedere delle veline. E me lo godo. Ma so anche che me lo godo con la mia parte istintiva, che è sacra perché è corpo di creatura, ma se detta legge mi trascina nella confusione e nella infelicità. Ne ho le prove.
Il fatto è che mediaticamente si propone un modo unico di vedere la donna, con varie sfumature, ma pur sempre riconducibile al principio della impiegabilità. Di questo atteggiamento il premier ha fatto veicolo di promozione personale (e per questo piace a molti).
E invece ci sono milioni di modi per vederle e goderle e accompagnarle e servirle, tanti in cielo e terra che la sua filosofia non comprende, Antonio, anzi comprende, visto che lei stesso lo afferma...
Tanti che il peccato sta nel ridurli ad uno.

Non si è trattato a mio avviso di una manifestazione contro il premier, ma è il premier una delle troppe manifestazioni contro la donna.

La domanda è: perché tanta foga, signori, contro le donne in piazza?

Se poi si invocasse davvero uno stato etico, si protesterebbe contro un premier divorziato in un'Italia che si dice cattolica. O, per dirla tutta, non si sarebbe dovuto scendere in piazza, giacché il Concilio Lateranense IV non vedeva di buon occhio tale genere di adunate (come del resto vietava i sollazzi pubblici ai presbiteri).

La piazza è un diritto; può essere pericolosa perché costringe le idee di molti ad uno o più slogan, ma è un diritto. Potremmo davvero utilizzare l'amore come criterio ermeneutico: così possiamo cercare i motivi e non solo i limiti.

saluti e scuse per la lungaggine
Giovanni

Unknown ha detto...

"l'esperienza non ha alcun valore etico:è semplicemente il nome che gli uomini danno ai propri errori.

Giovanni ha detto...

e dunque?
certo,se l'obiettivo è zittire l'altrui opinione, può bastare una frase lapidaria.
Ma solo se si fa Nietzsche di cognome.

ethos è dal greco comportamento, attitudine, consuetudine. Anche esperienza.
Qualunque passato può esser visto come sbagliato, perché non siamo divinità. Almeno io, non so Lei.
Ma esiste il perdono.

"Lo sanno a memoria il diritto divino,
e scordano sempre il perdono" FdA

giovanni

Anonimo ha detto...

gentile Giovanni. Ho letto con attenzione il suo post. Lo rileggerò con calma nei prossimi giorni e cercherò di capirne appieno il significato.
La sua posizione mi sembra ragionevole e da discutere, tuttavia, essa non riesce, almeno non ora, a smuovermi dal pensiero precedentemente affermato. A riconoscere una buona fede di una parte di coloro che sono andati in pizza, mi permetta di dubitare della buona fede dell amaggioranza. Suvvia... non veniamo dalla luna. Erano lì per far cadere il despota, per loro, il maiale, il lascivo, ecc.ecc.
Mi ripeto: non lo giudico. Non giudico nessuno del resto. Nè lui, nè Vendola, nè Marrazzo.
Giudico (voglio giudicare) solo i suoi atti politici.
Lo giudico (e positivamente) quando tentò (contro ogni sondaggio, contro ogni populismo, andando contro parte della sua stessa maggiornaza) di salvare la vita di Eluana Englaro. Lo giudico quando predica bene (vedi da ultimo la sua posizione in materia di famiglia) e razzola male. Certo sarebbe bello se all'ortodossia unisse anche l'ortoprassi, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Bene, io non lo sono. E non scaglio pietre nè chiedo coerenze di vita. Quella lo chiedo solo per me. Quand'anche cada sette volte al giorno.
Cordialmente
Antonio

Violapensiero ha detto...

Grazie per aver aggiunto contributo e "pepe" alla mia riflessione. Vi lascio una battuta a titolo di gratitudine e restituzione.

E assolutamente non per chiudere il discorso, anzi sarebbe interessante leggere anche il pdv di altri o proseguire su quanto emerso finora da alcuni.

Dicevo una restituzione. Un mese e mezzo fa Gianni Riotta http://it.wikipedia.org/wiki/Gianni_Riotta a colloquio con il nostro Vescovo e i giornalisti di Padova esordì dicendo:

"Sono stato il primo giornalista in Italia ad aprire un mio blog, ma sono stato anche il primo a chiuderlo e di questo sono fiero. Perché il blog lo legge chi lo scrive, odiando i propri vicini che ne aprono di loro. Questa non si rivela informazione, risulta isolamento; non si utilizza il blog per comunicare, ma per estraniarsi dalla vita vera con gli altri".

Lì per lì rimasi titubante, senza dubbio perplessa e intimamente, per la mia seppur piccola e banale esperienza, in disaccordo con quanto teorizzò il direttore del Sole 24ore.

Leggendovi nella vostra onesta asprezza e finezza di pensiero mi sono rinsaldata nuovamente sul fatto che il blog è proprio un mezzo sano e l'esperienza di Riotta, seppur autorevole, rimane comunque parziale.

Mi candido ad ospitare comodamente tutti coloro che sono in disaccordo a patto che si fidino che "regolarmente" mi reco al parco con mia figlia;-) Anzi, per dirla tutta, per chi abita in campagna come me si dovrebbe parlare di argini e campi... tutt'altro panorama!

La discussione rimane aperta...

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